L’artista francese incise a tal punto sull’evoluzione dell’arte europea e italiana all’inizio del XX secolo da offrire, come disse Rainer Maria Rilke, la risposta definitiva al problema metafisico del legame tra il fenomeno e l’atto della rappresentazione. Si riconosce cioè in lui il padre dell’arte moderna.
Eppure la maggior parte della sua vita è segnata da profondi contrasti. Contrasto, per esempio, con l’Impressionismo, che pure aveva influenzato la sua esperienza fino al 1877. Contrasto rispetto al mondo, fatta eccezione per la sua Provenza, dalla quale mai avrebbe voluto allontanarsi, sempre proteso all’inseguimento di una realtà irraggiungibile, che si manifesta e tramuta davanti ai suoi sensi prima che egli sia in grado di catturarne sulla tela l’intrinseca verità. La sua ansia è l’esito dell’antinomia, che vive in lui e lo dilania, tra sensibilità e realtà.
L’arte di Cézanne fu a lungo osteggiata per l’audacia delle soluzioni formali, che lo portarono ad allontanarsi dagli amici della giovinezza, tra cui Émile Zola. Solo dopo la fine del secolo essa troverà il giusto apprezzamento in tutto il mondo.
Proprio dalla volontà di indagare e documentare l’influsso di Paul Cézanne sull’arte nazionale, nasce questa grande esposizione, curata da Maria Teresa Benedetti.
Vi erano esposte ventidue opere dell’artista francese provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo, e ottantaquattro dipinti di artisti italiani, da Ardengo Soffici a Fausto Pirandello, che costellano l’arco di mezzo secolo. Infatti, tra i primi a sottolineare in Italia la portata dalla pittura di Cézanne è proprio, nel 1904, il pittore e polemista toscano Ardengo Soffici che, all’indomani del Salon d’Automne, riconobbe in lui la capacità di rendere palpabile la realtà, invece di limitarsi alla mera riproduzione di essa. Accanto a Soffici si posero Umberto Boccioni e Ottone Rosai, quest’ultimo in grado di condividere alcune scomposizioni tra influenze cézannianie e futuriste.
I più ampi spazi della mostra sono stati però dedicati a Giorgio Morandi (che, al contrario di Boccioni, trasse ispirazione da subito da Cézanne, sia per quanto riguarda i nudi che i paesaggi), e a Carlo Carrà, che condivideva con il maestro la certezza che uno sguardo intenso sulla natura potesse corrispondere a una introspezione della condizione umana. Ad affiancarli, tra gli altri, Gino Severini, Mario Sironi, Felice Casorati, Felice Carena, Francesco Trombadori, Giuseppe Capogrossi, Franco Gentilini, Fausto Pirandello. Tutte testimonianze che non si possono certamente considerare esaustive della presenza di Cézanne nell’arte italiana, ma in grado di dimostrare pienamente il suo essenziale ruolo rivoluzionario, e innovatore.
Marta Coltellacci