Nei due mesi precedenti il gruppo di ricerca interdisciplinare L’Aquila as a Post-Catastrophic City, promosso dal medesimo istituto e composto da quattro storici dell’arte (Pavla Langer, Luca Pezzuto, Jamie Sanecki, Beth Saunders), due architetti (Giovanna Cennicola, Daniel Screpanti), un archeologo (Piero Gilento) e un fotografo (Antonio Di Cecco), si è dedicato all’approfondimento della realtà aquilana a sei anni dal sisma.
Terreno di confronto per gli studiosi intervenuti alla conferenza è stata l’individuazione di un ventaglio di possibilità che consentano alla Storia dell’Arte di esplicare la sua funzione civile e di ricoprire un ruolo attivo nei processi decisionali da cui dipendono gli indirizzi in materia di tutela, conservazione e restauro dei beni culturali e, più in generale, di salvaguardia della rete di rapporti che intercorre tra essi e il contesto che li ha generati.
Nel campo dei beni architettonici e paesaggistici, Pier Luigi Cervellati, Carla Tosco, Emanuela Guidoboni e Olimpia Niglio hanno sottolineato come, soprattutto nel contesto italiano, la contrazione delle risorse da impiegare per interventi di manutenzione e di conservazione programmata esponga il patrimonio urbanistico al rischio di subire, in caso di eventi catastrofici, danni che si potrebbero scongiurare con misure preventive, ma che non è invece possibile risarcire totalmente a posteriori attraverso il restauro. Per i professionisti dei beni culturali appare inoltre stringente la necessità di partecipare all’orientamento metodologico del recupero post-catastrofe della città storica, in accordo con un’interpretazione del principio “com’era e dov’era” (Tommaso Montanari), che si prefigga come primo obiettivo la restituzione alle comunità non solo degli edifici monumentali, ma anche del tessuto dell’architettura abitativa che li circonda (Giovanna Cennicola, Piero Gilento, Daniel Screpanti). Per giungere a tale risultato la Storia dell’Arte non può rinunciare al confronto con le altre discipline coinvolte nelle prime fasi dell’emergenza: un momento di dialogo cruciale si impone come conditio sine qua non per una coerente definizione del futuro, dell'abbandono o del recupero degli edifici (Valentina Valerio), e per la progettazione di interventi di volta in volta adeguati alle differenti realtà su cui ci si trovi a operare (Valentina Russo).
I contributi di Pavla Langer, Luca Pezzuto e Jamie Sanecki sulla situazione aquilana hanno chiarito che anche l’individuazione di principi per una gestione virtuosa dei beni culturali mobili colpiti da catastrofe non è questione banale e non verte solo sulla progettazione di interventi di restauro tagliati sul singolo caso (Marco Ciatti).
Il progressivo venir meno della spesa pubblica a sostegno della conservazione e del restauro dei beni culturali e il contemporaneo, crescente, coinvolgimento di soggetti afferenti al mondo del volontariato non sono tratti esclusivi del panorama italiano (Michael Falser). Ciò che desta preoccupazioni in Italia è piuttosto la svalutazione delle competenze dei professionisti del settore, cui sono sempre più frequentemente preferiti volontari privi di formazione specifica e non adeguatamente coordinati, come avvenuto ad esempio a L’Aquila dopo il terremoto del 2009 (Cristiana Pasqualetti).
Nel quadro del più ampio fenomeno di spettacolarizzazione della cultura rientra anche il caso del Museo Nazionale d’Abruzzo, inagibile dal 2009. Le opere ivi conservate, prive di una sede temporanea, a oggi non completata, sono state esposte negli ultimi sei anni solo in occasione di mostre temporanee al di fuori della città, privilegiando iniziative di “valorizzazione” dal limitato valore scientifico (Pavla Langer, Luca Pezzuto). Privando la comunità aquilana della fruizione del proprio patrimonio storico-artistico e di eventuali occasioni di aggregazione negli spazi museali, si sono ignorate anche le possibili ricadute positive nell’elaborazione della catastrofe che l’arte-terapia, l’arte contemporanea e la fotografia hanno dimostrato di poter avere in situazioni simili (Alessandro Del Puppo, Tiziana Serena, Beth Saunders, Antonio Di Cecco, Jamie Sanecki).
Dal convegno, chiuso dall’intervento di Salvatore Settis dedicato all’Eclisse e resurrezione della città storica, è emersa con forza la richiesta di una gestione delle situazioni di post-emergenza quanto più condivisa e interdisciplinare possibile, perché i professionisti delle discipline storico-artistiche e le comunità coinvolte non siano relegate al margine delle attività di tutela e promozione del patrimonio culturale, che, come cittadini, li riguardano direttamente.
Carlotta Brovadan (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata")