La monografia redatta da Caterina Volpi colma uno iato evidente negli studi storici-artistici. Da tempo nei confronti di Salvator Rosa, artista dalla complessa personalità e dalla notevole fortuna critica, si auspicava uno studio scientificamente e metodologicamente rilevante, completo di un catalogo ragionato ed aggiornato dell’opera pittorica che portasse a compimento il percorso aperto dalla mostra londinese del 1973 alla Hayward Gallery, dai fondamentali contributi di Luigi Salerno (1963 e 1975), dalla monografia di Jonathan Scott, dagli articoli di Helen Langdon, fino ad arrivare all’esposizione partenopea allestita tra aprile e giugno del 2008 presso il Museo di Capodimonte.
La Studiosa, docente di Storia dell'Arte Moderna alla Sapienza, Università di Roma, raffinata esperta della storia dell’arte del XVI e XVII secolo, ricostruita nei suoi interrelati rapporti con la storia della cultura, in primis letteratura, filosofia, scienza e letta attraverso la committenza (si veda Display of Art in the Roman Palace edito dal Getty Institute di Los Angeles), riserva da tempo la sua attenzione al Pittore napoletano. Dopo la mostra a Capodimonte e il Convegno internazionale di studi del 2009 presso la Biblioteca Hertziana, ha curato con Helen Langdon e con Xavier Salomon le esposizioni del 2010 a Londra (Dulwich) e a Fort Worth del 2010, dedicando a Salvator Rosa vari interventi. Con questo importante contributo l’autrice ricostruisce compiutamente l’attività di un artista proteiforme, che fu disegnatore, incisore, poeta, attore, pittore di quadri di storia sacra, di tele a tema mitologico e allegorico, di ritratti, paesaggi, battaglie, bambocciate, stregonerie e che seppe promuovere un’automitografia straordinaria, humus propizio per l’aura di artista ribelle che lo circondò tra XVII e XIX secolo. La carriera del Rosa è ripercorsa dalla fase di formazione svolta presso Aniello Falcone, Francesco Fracanzano, Jusepe de Ribera, fino al trasferimento a Roma nel 1639, al quale fa seguito, nel 1640, il decennio fiorentino alla corte del cardinale Giovan Carlo de’ Medici. A Firenze fonda l’Accademia dei Percossi, che raccoglie intellettuali sensibili alla cultura libertina della Repubblica delle Lettere. Con il rientro nell’Urbe in occasione del Giubileo del 1650 si apre la produzione delle opere destinate al Pantheon, a San Giovanni Decollato e a San Salvatore in Lauro; si tratta di quadri connotati da significati filosofici che testimoniano tutta la profonda originalità del Pittore, che si spegne a Roma nel 1673.
Paola Torniai (Università di Roma la Sapienza)